Santi (Mit): “Ecco come ci sposteremo nel 2030”

Cosa rende smart la mobilità? Come sta cambiando la mobilità e come sarà tra 10 anni? Ne abbiamo discusso col prof. Paolo Santi, membro del Senseable City Lab del MIT (Massachusetts Institute of Technology) di Boston

Vincenzo Conte


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Uno dei temi principali delle discussioni sulla mobilità del futuro è cercare di capire cosa sta realmente cambiando, per cogliere i segnali utili a identificare le direttrici di sviluppo che ci porteranno a una mobilità sempre più smart, ovvero alla mobilità del futuro. Di questo, ma non solo, abbiamo discusso con un grande esperto del settore, ovvero il prof. Paolo Santi, membro del Senseable City Lab del MIT (Massachusetts Institute of Technology) di Boston, che ha condiviso con Move alcune delle più interessanti sperimentazioni in corso in questo settore.

Prof. Santi, Smart Mobility è un’espressione in inglese che tradotto in italiano significa mobilità intelligente. La prima cosa che volevamo chiederle è: come fa la mobilità a diventare intelligente?

“Uno degli aspetti fondamentali è quello di cercare il più possibile di reagire nel modo migliore alla situazione contingente. Ad esempio, una delle cose più importanti quando si gestisce un servizio di mobilità è essere sicuri che i veicoli siano sempre più vicino possibile alle esigenze delle persone che devono essere spostate. Questo vuol dire anche saper anticipare le esigenze di mobilità in modo da essere subito pronti a fornire i servizi richiesti. Questo aspetto, ovvero la possibilità di vedere in real time dove sono i veicoli, quali sono quelli liberi, visualizzare sempre in real time le richieste di movimento delle persone e reagire il più presto e il più velocemente possibile a queste informazioni, fornendo le soluzioni migliori, si può sicuramente definire smart”.

Nella mobilità del futuro le auto saranno sempre
più connesse tra loro e alle infrastrutture

Il paradigma della mobilità che stiamo vivendo negli ultimi anni ha subito una vera e propria rivoluzione. Tutto è iniziato con l’emergenza sanitaria che ha portato a modifiche importanti nelle nostre abitudini di mobilità. Cosa è cambiato con il lockdown e come hanno reagito le persone a questi cambiamenti?

“Nel periodo dell’emergenza sanitaria ad essere cambiata è anzitutto la domanda di mobilità; si sono messi in moto dei processi all’interno delle aziende per rendere possibile lavorare anche in modalità remota e questi processi, una volta partiti, non si sono più fermati, perché lavorare da casa, specialmente se non è un’imposizione derivata dal lockdown, è una possibilità molto apprezzata dai lavoratori. Al tempo stesso è cambiato anche il modo di muoversi. E’ indubbio che per esempio durante la pandemia mezzi di trasporto condivisi siano stati penalizzati. Per questo l’uso del trasporto pubblico durante la pandemia è stato notevolmente ridotto a vantaggio del trasporto individuale. Questi aspetti adesso stanno lentamente tornando alla normalità ma in questi tre anni sono state sviluppate anche molte nuove opportunità di muoversi in maniera diversa. Penso per esempio alla sempre maggiore diffusione degli scooter o dei monopattini elettrici, o anche dei servizi di Bike Sharing, che sono diventati sempre più comuni. Per non parlare poi anche del cambiamento tecnologico legato alla transizione verso la mobilità elettrica. E’ ancora presto per sapere, da un punto di vista scientifico, quale sarà il nuovo punto di equilibrio nella mobilità del futuro. Spesso per poter trarre delle conclusioni bisogna osservare un certo sistema per un periodo di tempo piuttosto lungo; di fatto ancora non siamo arrivati al punto di aver passato la pandemia da un tempo sufficiente per poter trarre delle conclusioni affidabili”.

All’idea della Smart Mobility è legata anche fortemente l’idea della interoperabilità dei mezzi di trasporto e dell’utilizzo dei mezzi di trasporto in condivisione, con l’obiettivo di abbinare l’incremento dell’efficienza economica alla diminuzione dell’impatto ambientale…

“Oggi c’è sicuramente spazio per sinergie tra i diversi mezzi di trasporto: per esempio alcuni progetti a cui abbiamo appena cominciato a lavorare sono finalizzati a integrare diverse domande di mobilità o di trasporto all’interno di un unico servizio. Per poter servire tutti i passeggeri c’è bisogno di un certo numero di mezzi di trasporto, ma ci saranno sempre dei momenti nel corso della giornata in cui l’attività di trasporto è un po’ scarica. Per coprire questi momenti, ci potrebbero essere sinergie con altri servizi di trasporto, ottimizzando così l’uso dei veicoli. E’ chiaro che non è una transizione semplice perché non è semplice trovare un modello di business efficace, ma noi scienziati lavoriamo per capire se e quante sono queste possibili sinergie. Si tratta di una possibilità che stiamo cominciando a studiare proprio adesso, perché pensiamo che ci possano essere delle enormi opportunità per fare un salto in avanti in termini di efficienza della mobilità e di riduzione delle emissioni, che è uno degli obiettivi fondamentali che istituzioni e cittadini si devono porre”.

La guida autonoma promette di rivoluzionare
il nostro modo di concepire gli spostamenti

Nonostante i cambiamenti in corso, in Italia il mezzo che ancora che ottiene il maggior gradimento continua ad essere l’auto…

“E’ vero. Al di là di tutto l’auto continua a rimanere di gran lunga il mezzo di trasporto preferito. Per cambiare le abitudini è necessario far leva sui vantaggi economici portati dal cambiamento. Parlando ad esempio della transizione a veicoli elettrici, sono due i fattori principali che possono decretarne il successo: da un lato l’autonomia e dall’altro il processo di ricarica. D’altro canto la gente forse non si rende ben conto dei risparmi enormi che con le auto elettriche ci potrebbero essere dal punto di vista di manutenzione ma anche di costi per alimentare l’auto, specialmente se si avesse accesso a fonti di energia rinnovabili”.

Un elemento che merita un approfondimento riguarda la guida autonoma, che è un processo che è in corso da diversi anni nel settore automobilistico e che oggi non riguarda più solo le auto ma anche gli altri veicoli. Ci sono delle sperimentazioni riguardo ad altri tipi di veicoli?

“La guida autonoma è una tecnologia in fase di implementazione, con prospettive molto incoraggianti non solo per le auto, ma anche, ad esempio, per gli scooter. L’idea sarebbe quella di far spostare autonomamente uno scooter quando non c’è nessuno a bordo per andare a coprire le necessità di mobilità di un altro utente, rendendo in grado il veicolo di riposizionarsi in maniera autonoma. Si tratta di una possibilità rivoluzionaria, che darebbe enorme slancio a un settore che soffre degli enormi costi dovuti alla necessità di riposizionare i veicoli (con l’uso di furgoni e personale dedicato), portando beneficio anche per la diffusione del servizio anche in città di piccole/media dimensioni, che oggi sono fuori da questi circuiti”.

Un altro approfondimento interessante riguarda i mezzi di mobilità più tradizionali che sono autobus, tram, treno, ecc. Secondo lei c’è ancora posto nel sistema di mobilità per questi mezzi in futuro?

“Assolutamente sì. Se si pensa a una grande città come Roma o Milano la metropolitana è di gran lunga il modo migliore per spostare tante persone. Chiaramente ci sono costi infrastrutturali enormi per sviluppare questo tipo di modalità di trasporto. Anche gli autobus possono essere migliorati; penso ad esempio al modo in cui sono progettate le linee, per cui i mezzi si trovano, in certi orari della giornata, a viaggiare quasi vuoti. Si potrebbe cercare di capire meglio le effettive abitudini delle persone per riprogettare il sistema e per essere più demand responsive. Un’altra cosa che sicuramente può essere migliorata è la sinergia tra il trasporto pubblico e le nuove forme di mobilità. In alcune città degli Stati Uniti, ad esempio, gli operatori di scooter sharing hanno un incentivo dalla città se i viaggi che fanno partono o arrivano ad una stazione di una metropolitana. Si cerca cioè di incentivare l’utilizzo dello scooter come mezzo di accesso al trasporto pubblico, che è una visione abbastanza interessante e innovativa per una mobilità sempre più sostenibile”.

In conclusione le chiedo: come sarà la città dal punto di vista della mobilità tra 10 anni?

“Per quello che immagino, tra dieci anni ci sarà parecchia più mobilità elettrica, in parte per le politiche comunitarie sempre più stringenti, in parte per le azioni dei produttori di auto, che ormai hanno capito che il futuro va in quella direzione, e in parte anche per un cambiamento di mentalità delle persone, che cominciano sempre più a tener conto della sostenibilità ambientale nelle loro scelte di consumo. Oltre che più elettrica la mobilità sarà anche più condivisa, per creare un sistema di trasporto più integrato con diverse opzioni collegate fra di loro. Ci sono però delle condizioni imprescindibili perché questa visione trovi realizzazione: la più importante è che le città, che sono coinvolte attivamente in questo processo, mettano a disposizione dei cittadini una piattaforma di mobilità in cui confluiscono tutte le opzioni disponibili, per facilitarne la fruizione da parte degli utenti interessati”.